Galli: Regioni in ordine sparso su test sierologici, pessima prova
Galli: Regioni in ordine sparso su test sierologici, pessima prova

























Mentre il Governo ha conferito ieri sera l´incarico di avviare la procedura pubblica per i test sierologici al commissario Domenico Arcuri, nei giorni scorsi diverse Regioni hanno reso noto il loro impegno su questo fronte, dal Veneto che ha già varato una prima ´sperimentazione´ alla Lombardia che ha parlato del progetto di partire il 21 aprile con lo screening, viaggiando a regime al ritmo di 20 mila test al giorno, con prelievo ematico.

"Siamo un Paese con una situazione di 20 decisori diversi sulla sanità", commenta all´AdnKronos Salute l´infettivologo Massimo Galli, primario dell´ospedale Sacco di Milano e docente di Malattie infettive all´università Statale del capoluogo lombardo. "Prendiamoci le ´delizie´ di questo: anche nell´emergenza le Regioni viaggiano in ordine sparso. Il mio pensiero di cittadino e di medico pubblico è che determinate situazioni debbano essere governate a livello centrale, perché altrimenti si creano disparità e disuguaglianze".

"Considerando anche il problema serio dei tagli alla sanità, le Regioni hanno dato una pessima prova di gestione. Tutto sommato - conclude - forse l´epidemia ci insegnerà a riprendere in mano diverse cose. Perché è evidente che il sistema non può funzionare così".

Il valore dell´operazione varata a livello governativo per dare il via alla ricerca e all´acquisizione di test sierologici per lo screening relativo al nuovo coronavirus "dipende da che tipo di test sierologico hanno in mente. Si tratta di un´operazione decisamente importante se è un primo passo per prepararsi alla cosiddetta ´Fase 2´. Ma la ´domanda da un milione di dollari´ è se si sta pensando a un test sierologico da eseguire sul sangue venoso o ai test rapidi", evidenzia Galli. "La mia posizione personale è che, se non si sta pensando anche ai test rapidi, quello che si sta mettendo in cantiere non sarà mai sufficiente per i propositi" post emergenza di cui si parla in questi giorni.

"Possono esserci due finalità: una di studio epidemiologico e per questa si può fare il test su prelievo di sangue - ragiona l´esperto - Ma se questo screening è finalizzato ad accompagnare la ripresa tentando di identificare il più possibile chi ha avuto contatto con il virus e chi potrebbe ancora avere l´infezione dubito che svariati milioni di persone possano fare un test basato su un prelievo e poi attendere per ore, o giorni, i risultati. Considerando che si profila come una procedura di massa sarebbe molto difficile portarla avanti in questo modo".

"Sappiamo bene - osserva Galli - che non ci sono forze sufficienti per fare tutti i necessari tamponi agli italiani che dovessero ritornare a lavorare nei tempi e modi stabiliti", quando scadranno le misure di contenimento dell´epidemia. "E sappiamo anche bene che una persona potrebbe essere negativa oggi al tampone e positiva tra 3 giorni. Un test sierologico potrebbe dare l´informazione completa necessaria ma c´è l´aspetto organizzativo di fare un prelievo a tutti e dare una risposta in tempi utili, facendo poi comunque il tampone sui positivi".

"Allora - suggerisce l´infettivologo, come già in passato aveva fatto - tanto vale che in modo più ampio si faccia il test rapido, pur avendo questo dei limiti, per poi avere conferma col tampone sui soli positivi. Questa è la mia visione del problema. E´ una visione perfettibile, ma con tutta franchezza temo che un approccio alternativo finirebbe per concludersi con la strategia minima di mettere mascherina e guanti a tutti e spedirli a lavoro dicendo di stare distanziati l´uno con l´altro".


Fonte Adkronos